Congresso da SBL 2008

O Congresso Anual da SBL – Society of Biblical Literature – acontece em Boston, MA, entre os dias 21-25 de novembro de 2008.

Todas as informações na página da SBL.

Para saber quais biblioblogueiros participam do Congresso e o que apresentarão, veja:

Bibliobloggers Presenting at SBL – Douglas Mangum, Biblia Hebraica – November 2, 2008 (Updated: 11/6/08)

E o Congresso Internacional será em Roma, em 2009, para celebrar o Centenário do PIB – Pontifício Instituto Bíblico. De 30 de junho a 4 de julho. Veja na página da SBL.

Mauro Pesce fala sobre o Sínodo

“Così l’esegesi cattolica va verso l’isolamento”: Intervista a Mauro Pesce sul sinodo dei vescovi

Con l’approvazione delle 55 proposizioni presentate dall’assemblea sinodale al papa, si sono conclusi lo scorso 25 ottobre i lavori del Sinodo dei vescovi sulla parola di Dio (v. Adista nn. 75 e 77/08). Fra i nodi fondamentali trattati dai padri sinodali nelle proposte presentate al papa, c’era anche il rapporto tra lo studio scientifico della Bibbia, con gli strumenti offerti dalla ricerca storica, e la sua lettura teologica. Il Sinodo, come annunciato, ha inoltre chiesto la revisione e l’allargamento del ministero del lettorato (uno degli ordini minori cancellati dal Concilio Vaticano II) per dare alle donne un ruolo più ampio all’interno della vita della Chiesa. Quest’ultima proposta, malgrado la sua limitatissima portata, che la configura come poco di più che un ‘contentino’ per le donne, ha comunque raccolto, al momento della votazione dei padri sinodali, un’opposizione più forte di tutte le altre proposizioni sinodali: 45 voti contrari su 243.

Di fronte alla richiesta del Sinodo, il movimento femminile di riforma della Chiesa FutureChurch, se da una parte “accoglie calorosamente il riconoscimento” del ruolo delle donne da parte dei vescovi, dall’altra ricorda che sarebbe necessario “allargare le occasioni di predicazione per donne e uomini laici ben preparati, nei Paesi sviluppati così come nei Paesi in via di sviluppo”. “Il ministero del lettorato – ricorda il movimento – anche se non chiamato formalmente in questo modo, è già aperto alla donne, che proclamano le Letture durante la Messa da oltre 30 anni. È difficile capire quale sia il guadagno di chiamare formalmente le donne ‘lettrici'”. Infine, FutureChurch ricorda ai vescovi che “farebbero meglio a riaprire la discussione per cambiare le regole sul celibato obbligatorio e l’ordinazione delle donne al diaconato”.

Del Sinodo e di altri temi abbiamo parlato con Mauro Pesce, biblista, professore di Storia del Cristianesimo all’Università di Bologna, nonché autore (insieme a Corrado Augias) del best seller Inchiesta su Gesù, duramente attaccato da autorevoli voci del mondo cattolico istituzionale proprio per aver avvicinato il grande pubblico all’approccio storico ai Vangeli e alle fonti del cristianesimo delle origini (v. Adista 17/07). (emilio carnevali)

Professore, quali sono le prime impressioni che ha tratto dal Sinodo dei vescovi che si è appena concluso a Roma?

Il Sinodo dei vescovi è un grande evento perché, trattandosi di un’assemblea collettiva dell’episcopato – per quanto abbia solo un valore consultivo e non deliberativo -, certamente non mancherà di produrre effetti importanti, anche al di là dell’eventuale enciclica che il papa potrà scrivere sull’interpretazione della Bibbia oggi. È dunque un avvenimento molto importante, su cui è necessario riflettere con attenzione.

A me sembra che questo Sinodo, più che una sintesi, un approfondimento o un ulteriore progresso rispetto all’atteggiamento che la Chiesa ha avuto nell’interpretazione della Bibbia dai tempi di Leone XIII (con l’enciclica Providentissimus Deus) fino al Concilio Vaticano II, abbia al contrario promosso un arretramento e un restringimento. È stato l’espressione di una particolare corrente teologica che oggi è maggioritaria in certi ambienti ecclesiastici cattolici, ma che non è l’unica teologia cattolica contemporanea e ovviamente nemmeno l’unica teologia importante manifestatasi negli ultimi cinquant’anni.

Il Messaggio finale del Sinodo mi è sembrato fortemente ecclesiocentrico; non primariamente teocentrico e neppure primariamente cristocentrico. Per quanto non si dica più che fuori della Chiesa cattolica non vi è alcuna salvezza, la Chiesa cattolica diventa il punto di riferimento unico per il messaggio cristiano agli uomini lungo l’asse Rivelazione-Cristo-Chiesa-Missione. A mio avviso ci si sarebbe potuti servire di una teologia più teocentrica, in cui si riconosca che l’agire di Dio nel mondo si manifesta attraverso una pluralità di disegni per l’umanità che non possono essere tutti riassunti nella Bibbia o che veda già nella Bibbia un’apertura ad altre manifestazioni di Dio.

Anche la cristologia con questo restringimento ecclesiologico si impoverisce, perché Cristo viene immaginato soltanto come una specie di ricapitolazione cristiana dell’Antico Testamento. Penso ai contributi che altre teologie potevano dare: dalla concezione di Clemente Alessandrino di una rivelazione di Dio che si diffonde nel mondo, alla pluralità delle vie di salvezza di San Tommaso Moro nel suo libro L’Utopia, al cardinale Nicola Cusano, per arrivare ai grandi teologi del ‘900 come Karl Rahner.

Che tipo di teologia viene a delinearsi al termine di questi progressivi restringimenti e sottrazioni?

Nella teologia espressa non solo nel documento finale ma in tutta l’impostazione e in diversi documenti del Sinodo sembra assente quel riconoscimento della diversità e autonomia dei piani – naturale e soprannaturale – che era stato tipico della teologia tomista. Qui il tomismo mi sembra accantonato. Siamo lontani dall’umanesimo integrale di Jaques Maritain, siamo lontani dalla teologia tomista di Yves Congar o di Marie Dominique Chenu. Sembra invece affermarsi una teologia che tende a sfumare l’autonomia della natura, del piano razionale, a favore di uno strettissimo rapporto tra natura e sovranatura sulla scia di Maurice Blondel e del suo interprete teologico Henri De Lubac.

Quali sono le conseguenze di questa involuzione teologica sul piano dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso?

L’ecumenismo, insistendo sulla pluralità delle Chiese e quindi sulla pluralità delle interpretazioni del messaggio cristiano, avrebbe dovuto essere parte integrante del dibattito del Sinodo, invece proprio a causa dell’ecclesiocentrismo cattolico che ne ha caratterizzato l’impostazione teologica la dimensione ecumenica è stata praticamente assente.

E anche per quanto concerne il dialogo interreligiso, questo Sinodo ha segnato un arretramento rispetto a molti documenti pontifici precedenti. Sul dialogo con gli ebrei, ad esempio, alcuni documenti ufficiali della Santa Sede avevano insistito nei decenni precedenti sull’autonomia dell’antica alleanza, un’alleanza che non è mai tramontata, come aveva detto Giovanni Paolo II. La teologia cattolica aveva dato spazio al riconoscimento di una pluralità legittima di interpretazioni dell’Antico Testamento, e dunque riconosceva anche la legittimità dell’interpretazione ebraica. Su questo punto la mancanza di riferimenti essenziali allo sforzo teologico della Chiesa cattolica negli ultimi cinquant’anni da parte del Sinodo è davvero impressionante.

Cosa pensa dei giudizi emersi durante il Sinodo sul metodo storico-critico nell’interpretazione delle Sacre Scritture?

Vorrei fare innanzitutto una precisazione. Io non amo molto la definizione di “metodo storico-critico”, preferisco parlare semplicemente di “metodo storico”. Il metodo storico applicato alle scienze bibliche nasce con l’umanesimo, si sviluppa alla fine del ‘500 anche in ambito cattolico e poi ha la sua grande fioritura soprattutto nel XIX e nel XX secolo. L’enciclica di Pio XII del 1943 accettava pienamente questo metodo di indagine, che sostanzialmente consiste nell’interpretare un testo biblico alla luce del significato che voleva dargli l’autore umano, e quindi alla luce della cultura e della mentalità del tempo in cui è stato elaborato. Ciò che il metodo storico vuole evitare è la proiezione sul testo sacro delle teologie che le diverse Chiese cristiane – luterane, cattoliche ed ortodosse – hanno elaborato in seguito. Inoltre c’è anche un’altra differenza sostanziale tra esegesi storica e interpretazione teologica. La storia considera i diversi testi neotestamentari, insieme alle altre fonti protocristiane come fonte per conoscere ciò che è avvenuto. L’interpretazione teologica vuole solo comprendere il messaggio del testo come luogo del messaggio per la Chiesa di oggi. Ad un certo tipo di interpretazione teologica non interessa la storia ricostruibile mediante i testi, ma solo il messaggio che se ne può trarre.

Ora, non credo che questo Sinodo abbia voluto mettere completamente da parte il metodo storico, ma certamente lo ha marginalizzato. Si propone una lettura teologica della Bibbia che non riconosce un’autonomia sufficiente all’analisi storica dei testi, e questo alla lunga non potrà che portare l’esegesi cattolica all’isolamento rispetto al resto della scienza biblica mondiale. Già oggi l’esegesi cattolica, soprattutto in certi Paesi, è mediamente arretrata rispetto alla ricerca internazionale; con queste linee di tendenza del Sinodo in un prossimo futuro la frattura si approfondirà e ci troveremo di fronte ad uno scontro tra le acquisizioni delle scienze storiche e sociali sui testi sacri e le posizioni della Chiesa cattolica.

Da cosa ha origine la recente diffidenza della Chiesa nei confronti del metodo storico?

Il Concilio Vaticano II, con la Costituzione dogmatica Dei Verbum ed altri importanti documenti, ha portato la Bibbia al centro della vita della Chiesa: è stato detto che sia nella formazione catechetica dei bambini, sia nel breviario dei preti, sia nella liturgia, sia nella teologia stessa è necessario avere come riferimento la Bibbia. Mettere al centro della vita dei fedeli la Bibbia ha significato dunque che ciascun fedele, qualunque fosse la sua formazione e il suo livello culturale, dovesse avere un accesso diretto ai testi sacri. A questo punto la Chiesa in tutti i suoi livelli si è accorta che i libri di esegesi prodotti dagli specialisti erano troppo difficili, troppo tecnici per essere utilizzati dal popolo fedele.

La risposta a questo problema – che è un problema assolutamente reale – è stata quella di evitare le difficoltà più che di superarle. Si è cercato di rimuovere il problema, di allontanarsi da esso fornendo un’interpretazione semplificata della Bibbia che non facesse venire in contatto i fedeli con i nodi della ricerca storica, con il fatto ad esempio che i quattro vangeli sono diversi l’uno rispetto all’altro, che la teologia di Paolo è diversa da quella di Giovanni, che ci sono state tante forme di cristianesimo primitivo, ecc. Che le forme teologiche, dogmatiche e istituzionali delle Chiese successive sono diverse da quelle dei primi tempi. Tutto questo, senza una formazione teologica almeno elementare, non può essere comprensibile dal popolo fedele. Perciò si è scelto di abbandonare sempre di più l’esegesi storica, che creava troppi problemi, a favore di un’interpretazione spiritualizzante e armonizzante dei testi biblici.

Tuttavia, sul lungo periodo questa scelta ha un effetto disastroso, perché produce a livello di base un’interpretazione dei testi di stampo fondamentalista. Non è che la Chiesa cattolica sia su posizioni fondamentaliste: sarebbe una stupidaggine affermarlo. La teologia dell’attuale papa non è una teologia fondamentalista. Però il desiderio giusto di dare la Bibbia al popolo, nelle mani del popolo semplice, ha trovato realizzazione in un modo che ha portato ad una forma di spiegazione della Bibbia che nega quei fatti storici che l’esegesi ha sempre riconosciuto. E tutto ciò produce inevitabilmente col tempo una deriva fondamentalista, soprattutto nei cosiddetti movimenti che controllano molta parte dei fedeli cattolici.

Oltre al pervertimento di esigenze pastorali, alla base della diffidenza della Chiesa per il metodo storico non crede ci sia anche la paura per un’eventuale delegittimazione dell’istituzione Chiesa in quanto tale?

Credo siano presenti entrambi i fattori. Tuttavia il secondo fattore, quello del timore che venga messo in discussione l’aspetto istituzionale della Chiesa cattolica, secondo me sta crescendo nell’ultimo decennio, ma non è il motivo principale della diffidenza verso il metodo storico. Io continuo a pensare che il motivo principale sia di ordine pastorale.

Non si può negare però che là dove si attribuisce autonomia al metodo storico nell’interpretazione della scrittura ma anche della storia della Chiesa dei primi secoli, si offre la possibilità di fornire anche strumenti per poter modificare gli assetti attuali. Faccio un esempio: si insiste molto sul ruolo di Pietro nella storia della Chiesa, però gli storici sanno che in realtà non c’è stato un episcopato monarchico nella Chiesa di Roma fino alla fine del II secolo. E questo cambia sostanzialmente la visione: non è vero che Pietro è stato il primo papa e poi ci sono stati dei successori. Sono stati dei Collegi a dirigere la Chiesa di Roma per molti decenni. Questi dati non portano a distruggere completamente, in modo irriverente, le istituzioni ecclesiastiche cattoliche, ma presentano dei fatti che la teologia deve poter elaborare, anche in un contesto di carattere ecumenico.

Ecco, nella misura in cui si dice che senza una fede cattolica non si possono interpretare i testi, si finisce per rendere molto difficile la stessa possibilità di una ricerca biblica da un punto di vista storico, perché una volta che il presupposto di fede deve essere necessariamente quello cattolico e non quello protestante o quello ortodosso, è inevitabile che si cerchi più o meno consapevolmente nei testi quello che l’istituzione e la teologia attuale affermano.

Senza negare le preoccupazioni pastorali che spingono alcuni a privilegiare un’esegesi spiritualitista che non distingue sufficientemente il piano storico da quello della fede cattolica, sarebbe stato possibile percorre anche una seconda strada che invece mi sembra sia stata trascurata. Si sarebbe potuto distinguere il problema pastorale da quello strettamente storico-esegetico. Sarebbe bastato affermare la necessità che venisse preservato almeno uno spazio, nelle istituzioni accademiche cattoliche, per una ricerca storica sui testi che non sia in nessun modo finalizzata ad una lettura pastorale della Bibbia. I risultati dell’esegesi condotta in ambito strettamente accademico potrebbero infatti essere poi esaminati ed utilizzati dai teologi che cercheranno di mediarli in un’interpretazione appunto teologica. Seguendo questa strada, per lo meno si sarebbe permesso ad una serie di intellettuali e studiosi cattolici di poter esercitare liberamente la ricerca storica sui testi biblici senza il pericolo di una sanzione da parte dei vescovi o senza quella inevitabile autocensura che previene il pericolo di una correzione da parte delle autorità. Cosa che adesso invece sarà inevitabile, con il pericolo dell’isolamento dell’esegesi cattolica nel contesto dell’indagine internazionale. (e. c.)

Fonte: Adista, nº 79, 15/11/2008

 

Ou leia em português na IHU On-Line de 17/11/2008, da qual transcrevo pequeno trecho:

‘Desse jeito, a exegese católica caminha rumo ao isolamento’. Entrevista com Mauro Pesce

(…) Sobre o Sínodo e outros temas, falamos com Mauro Pesce, biblista, professor de História do Cristianismo na Universidade de Bolonha, assim como autor (junto com Corrado Augias) do bestseller “A Vida de Jesus Cristo” [A Vida de Jesus Cristo: O Homem que mudou o mundo. Queluz de Baixo, Barcarena: Presença, 2008, 220 p. – ISBN 9789722339124], duramente atacado por vozes expoentes do mundo católico institucional por ter aproximado o grande público à abordagem histórica dos Evangelhos e às fontes do cristianismo das origens.

“O Sínodo dos bispos é um grande evento porque, em se tratando de uma assembléia coletiva do episcopado – mesmo tendo só um valor consultivo e não deliberativo –, certamente não deixará de produzir efeitos importantes, mesmo além da eventual encíclica que o papa poderá escrever sobre a interpretação da Bíblia hoje. É também um acontecimento muito importante, sobre o qual é necessário refletir com atenção. Parece-me que esse Sínodo, mais do que uma síntese, um aprofundamento ou um progresso posterior com relação à postura que a Igreja teve sobre a interpretação da Bíblia desde os tempos de Leão XIII (com a encíclica “Providentissimus Deus”) até o Concílio Vaticano II, promoveu, pelo contrário, um retrocesso [italiano: arretramento] e um restringimento. Foi a expressão de uma corrente teológica particular que hoje é majoritária em certos ambientes eclesiásticos católicos, mas que não é a única teologia católica contemporânea, nem obviamente a única teologia importante que se manifestou nos últimos 50 anos. A Mensagem final do Sínodo me pareceu fortemente eclesiocêntrica; não primariamente teocêntrica nem primariamente cristocêntrica. Mesmo que não se diga que fora da Igreja católica não há salvação, a Igreja católica se torna o único ponto de referência para a mensagem cristã aos homens pelo eixo Revelação-Cristo-Igreja-Missão. Na minha opinião, eles poderiam ter se servido de uma teologia mais teocêntrica, em que se reconheça que o agir de Deus no mundo se manifesta por meio de uma pluralidade de formas para a humanidade que não podem ser todas resumidas na Bíblia ou que veja já na Bíblia uma abertura a outras manifestações de Deus”.

Leia Mais:
Quem é Mauro Pesce?

Entrevista com Johan Konings sobre o Sínodo

Está em Notícias – IHU On-Line de 16/11/2008: Sínodo dos Bispos atualizou o Concílio Vaticano II. Entrevista especial com Johan Konings

Konings, Mestre em Filologia Bíblica, 1968, e Doutor em Teologia pela Katholieke Universiteit Leuven, Bélgica, 1972, é coordenador de nosso grupo de estudos bíblicos que se reúne em Belo Horizonte, os “Biblistas Mineiros“. É Professor da FAJE, Faculdade Jesuita de Filosofia e Teologia, de Belo Horizonte, MG.

Konings participou do Sínodo como assessor, e faz, nesta entrevista, uma avaliação bastante positiva do que lá aconteceu. Destaco três trechos da entrevista:

:: (…) “O Sínodo [realizado de 5 a 26 de outubro] de 2008 teve como tema: ‘A Palavra de Deus na vida e na missão da Igreja’. Nota-se a intenção de continuar e de atualizar o Concílio, insistindo na ‘missão’, termo que não estava no texto do Concílio. Pois desde o Concílio percebeu-se que missão não é apenas ir aos indígenas da Amazônia, mas às tribos de nossa juventude urbana e aos pagãos de nossas avenidas e campi universitários. Olhando assim, achei o Sínodo fabuloso. Foi uma oportunidade para, através da voz de 253 bispos, eleitos por seus confrades de cada região, conhecer a situação e os projetos das mais diversas regiões onde a Igreja está presente neste mundo globalizado. E pode-se dizer que não se deu um passo para trás em relação ao Concílio, mas que, pelo contrário, se mostrou uma vontade unânime de avançar”.

:: (…) “Nas proposições, ou seja, nas sugestões votadas em plenário para serem apresentadas ao Papa, aparecem claros avanços: o desejo de que a Bíblia seja mais divulgada, estudada com os devidos métodos científicos que a Igreja vem fomentando com toda a força nos últimos cinqüenta anos, claramente expostos no importantíssimo documento da Pontifícia Comissão Bíblica de 1993; o desejo de que o estudo leve à contemplação, à oração e à prática da comunhão fraterna; a valorização do trabalho dos leigos, dos agentes de pastoral bíblica, especialmente das mulheres, para as quais se pede seja estendida a ordenação ao ministério de leitorato; que os pobres sejam ‘artífices de sua própria história’, impulsionados pela Palavra de Deus acolhida nas suas comunidades; que a Bíblia esteja em todas as famílias, inclusive nas línguas dos povos pequenos e pobres; que a pastoral bíblica não seja uma pastoral ao lado das outras, mas a inspiração que permeie todas as pastorais; que finalmente se leve a sério o enriquecimento bíblico da Liturgia a partir do Vaticano II e o valor de uma homilia bem preparada pelo estudo e pela oração – além de bem proferida; essas e tantas outras foram expressões do desejo praticamente unânime dos bispos de avançar na linha do Concílio Vaticano II”.

:: “Quanto à hermenêutica ou interpretação, toda escuta e toda leitura é uma interpretação, pois senão, não se entende nada. Os fundamentalistas pensam que eles não interpretam, mas interpretam sem que saibam, e reforçam interpretações subliminares sem se darem conta disso. Ora, interpretação sempre tem uma dupla interface – por isso se chama ‘inter’-pretação: é interlocução, mediação entre o texto que representa o evento Jesus no seu momento fundador, abordado com métodos históricos e literários, e o nosso texto de hoje, o texto de nossa vida, em nossa sociedade, em nosso mundo político-econômico-social-cultural-ecológico etc., assimilado com a nossa psicologia pessoal e coletiva. Colocar tudo isso em diálogo é hermenêutica, é leitura. Também no caso da Bíblia”.

Resenhas na RBL: 15.11.2008

As seguintes resenhas foram recentemente publicadas pela Review of Biblical Literature:

Hector Avalos
The End of Biblical Studies
Reviewed by Ulrich H. J. Körtner

Ward Blanton
Displacing Christian Origins: Philosophy, Secularity, and the New Testament
Reviewed by Clare K. Rothschild

Marcus J. Borg and John Dominic Crossan
The Last Week: A Day-by-Day Account of Jesus’s Final Week in Jerusalem
Reviewed by Craig L. Blomberg

Katherine J. Dell
Opening the Old Testament
Reviewed by Bill T. Arnold
Reviewed by George Heider

Brad E. Kelle and Megan Bishop Moore
Israel’s Prophets and Israel’s Past: Essays on the Relationship of Prophetic Texts and Israelite History in Honor of John H. Hayes
Reviewed by Lena-Sofia Tiemeyer

Jens Kreinath, Jan Snoek, and Michael Stausberg, eds.
Theorizing Rituals: Issues, Topics, Approaches, Concepts, Annotated Bibliography
Reviewed by Brian B. Schmidt

Daniel A. Smith
The Post-Mortem Vindication of Jesus in the Sayings Gospel Q
Reviewed by William Arnal

Fred Strickert
Rachel Weeping: Jews, Christians, and Muslims at the Fortress Tomb
Reviewed by Samuel Thomas

Emily Teeter and Douglas J. Brewer
Egypt and the Egyptians
Reviewed by Roxana Flammini

Ben Zion Wacholder
The New Damascus Document: The Midrash on the Eschatological Torah of the Dead Sea Scrolls: Reconstruction, Translation and Commentary
Reviewed by Gregory L. Doudna

Jürgen Zangenberg, Harold W. Attridge, and Dale B. Martin, eds.
Religion, Ethnicity and Identity in Ancient Galilee: A Region in Transition
Reviewed by Christoph Stenschke

Fotos da tumba de Herodes Magno

Em 37 a.C. Herodes torna-se o senhor da Palestina. Casa-se com Mariana I, parente de Aristóbulo II e Hircano II, entrando definitivamente para a família asmoneia, também conhecida como os Macabeus.

Herodes Magno governa o povo judeu durante 34 anos (37-4 a.C.

Herodes se equilibra no delicado jogo do poder porque sabe ser servil a Roma. Primeiro apoia Antônio, mas quando este é vencido por Otaviano na famosa batalha naval de Áccio, no ano 31 a.C., Herodes vai imediatamente visitar o vencedor, que está na ilha de Rodes, e, em gesto teatral, depõe a coroa a seus pés.

Resultado: volta para casa reconfirmado rei por Otaviano e ainda consegue favores: como o engrandecimento de território, a exoneração de tributo a Roma, a isenção de tropas de ocupação, a autonomia interior para as finanças, a justiça e o exército.

Herodes luta com decisão para consolidar o seu poder. Isto significa, antes de mais nada, que ele elimina, através de assassinatos e intrigas várias, adversários seus, inclusive alguns membros de sua família – como esposa e filhos.

Consolidado o poder, constrói obras grandiosas na Judeia. Templos, teatros, hipódromos, ginásios, termas, cidades, fortalezas, fontes. Reconstrói totalmente o Templo de Jerusalém, a partir do inverno de 20-19 a.C.

Reconstrói Samaria, dando-lhe o nome de Sebaste, feminino grego de Augusto, em homenagem ao Imperador romano; constrói um importante porto, Cesareia Marítima; Mambré, lugar sagrado ligado a Abraão, recebe uma grande construção que o valoriza; fortalezas são reedificadas ou totalmente construídas como Alexandrium, Heródion, Massada, Maqueronte, Hircania etc. Jericó é embelezada e torna-se sua residência favorita.

Observemos os nomes de suas construções, reveladores de seu espírito político:

. Sebaste (Samaria), em homenagem a Augusto
. Cesareia (Marítima), em homenagem a César Augusto
. Antipátrida, em homenagem a seu pai Antípater
. Fasélida, em homenagem a seu irmão Fasael
. Cipros, em homenagem a sua mãe
. Heródion, em homenagem a si mesmo
. fortaleza Antônia (em Jerusalém), em homenagem a Marco Antônio.

Valorizando o culto, Herodes Magno ganha para si o povo. Construindo fortalezas, controla possíveis revoltas. Matando seus inimigos, seleciona seus herdeiros. Apoiando a cultura helenística, aparece diante do mundo. Servindo fielmente a Roma, conserva-se no poder.

Entretanto, Herodes não tem legitimidade judaica, pois descende de idumeus e sua mãe é descendente de árabe. Assim, por ser estrangeiro, não tem para com os judeus nenhuma relação de reciprocidade e sua legitimidade se funda na própria estrutura do poder exercido[1].

Quando vence os seguidores de Antígono, Herodes constrói uma estrutura de poder independente da tradição judaica:

. nomeia o sumo sacerdote do Templo: destitui os Asmoneus e nomeia um sacerdote da família sacerdotal babilônica e, mais tarde, da alexandrina
. exige de seus súditos um juramento que obriga a pessoa a obedecer às suas ordens em oposição às normas tradicionais; se a pessoa recusar o juramento, é perseguida
. interfere na justiça do Sinédrio
. manda vender os assaltantes e os revolucionários políticos capturados como escravos no exterior, sem direito a resgate
. a venda à escravidão e a execução pessoal (a morte) tornam-se normas comuns do arrendamento estatal.

Mas, se ele viola assim a tradição, como consegue legitimidade?

A estrutura de poder do Estado sob Herodes é bem diferente da estrutura da época dos Macabeus:

. o rei é legitimado como pessoa e não por descendência
. o poderio não se orienta pela tradição, mas pela aplicação do direito pelo senhor
. o direito à terra é transmitido pela distribuição: o dominador a dá ao usuário: é a “assignatio”
. a base filosófica helenística é que legitima o poder do rei, quando diz que o rei é “lei viva” (émpsychos nómos), em oposição à lei codificada, ou seja: o rei é a fonte da lei, porque ele é regido pelo “nous“: o rei tem função salvadora e, por isso, dá aos seus súditos uma ordem racional, através das normas do Estado. O rei em sua pessoa é a continuação do seu reino e o salvador de seus súditos.
. o poder militar de Herodes se baseia em mercenários estrangeiros que ficam em fortalezas ou em terras dadas aos mercenários (cleruquias) por ele (terras no vale de Jezrael), e nas cidades não judaicas por ele fundadas, a cujos cidadãos ele dá como posse o território que as rodeia, com os camponeses dentro!

Seus herdeiros: Arquelau, Herodes Antipas e Felipe.

Veja fotos da tumba de Herodes Magno, descoberta no ano passado.

Você já leu algum livro ou artigo de Ivo Storniolo?

Ivo Storniolo tratava a Bíblia com habilidade de refinado artista. Você já leu algum livro ou artigo de Ivo Storniolo, falecido em setembro deste ano?

Vá à página da Paulus e digite na busca o nome deste grande biblista para conhecer seus muitos escritos.

Se, por outro lado, quiser ver como Ivo irritava algumas pessoas, leia, por exemplo:

Claro que isto está no Google… é só buscar por “Ivo Storniolo”.

Mas eu queria colocar aqui algo que não está no Google e que costumo utilizar em minhas aulas de Pentateuco como introdução ao estudo mais detalhado de Ex 20,1-17 e Dt 5,6-21, que trazem o texto do Decálogo ou, mais popularmente, Dez Mandamentos.

Durante o ano de 1989, Ivo Storniolo escreveu uma sequência de artigos no folheto litúrgico-catequético O Domingo. O tema desses artigos foi Mandamentos, Hoje. Reproduzo aqui trechos da entrevista com Ivo Storniolo, publicada na Vida Pastoral 149 (novembro/dezembro de 1989), p. 27-29, sob o título “Mandamentos, ontem e hoje”

A partir daqui, palavras do Ivo:

Ao começar a tarefa, deparei-me com a questão da metodologia: como iria abordar esse tema tão importante? De um lado eu sabia que o povo cristão já conhecia os mandamentos pelo catecismo. De outro, sabia também que muitos ignoravam o texto bíblico. Decidi então tratar o assunto comparando o texto dos mandamentos segundo o catecismo com a versão dos mandamentos segundo a Bíblia. Pronto. Para muitos, pareceu que eu estava criticando o catecismo, e até querendo “jogar o catecismo no lixo”. Não foi isso que pretendi.

(…) Mas não bastava conhecer o texto bíblico. Os mandamentos não caíram do céu, como um presente aleatório de Deus. Presente a gente dá na hora certa, para comemorar algum grande acontecimento. Os mandamentos apareceram na hora certa, para coroar a grande luta que o povo de Deus fez para conquistar uma nova forma de viver, superando um sistema de sociedade que explorava e oprimia as pessoas. Os mandamentos eram a grande carta para construir uma nova forma de vida, a fim de que todos pudessem viver de forma digna, com igualdade fundamental, preservada pela justiça, que cria fraternidade e partilha. E aqui veio uma segunda incompreensão. As pessoas não estão muito acostumadas a pensar que os textos bíblicos têm raízes. Pensam que tudo caiu do céu, sem porquê nem para quê. A tarefa que o povo de Deus fez naquele tempo deve se repetir com os mandamentos. Enquanto não fazemos a mesma luta, os mandamentos ficam sendo apenas provocação para aquela luta fundamental entre a Vida e a Morte, que se repete a cada dia na vida do povo.

E aí vem um outro ponto que, creio, foi difícil de aceitar para muitos. Os mandamentos provocam. Se não vivemos numa sociedade igualitária, fundada na justiça, os mandamentos se tornam provocadores, inquietantes, e não nos deixam dormir “como anjos”.

(…) Enquanto introduzi e comentei os cinco primeiros mandamentos não houve reação (…). Do sexto mandamento para a frente a reação foi imediata. A cada mandamento uma classe determinada de pessoas se manifestou. Coisa engraçada. Meu comentário sobre o sexto mandamento afetou principalmente pessoas de Igreja. Quando expliquei que o texto bíblico falava de adultério e não de castidade recebi muita cartas perguntando: fora o adultério, a gente pode fazer tudo? Tudo o quê? Sabe lá Deus. Já prevendo isso, escrevi sobre a sexualidade, explicando bem que ela é função geradora de vida (…) Houve uma chuva de protestos (…) Aí escrevi sobre a castidade e, em boa ou má hora, achei de citar, juntos, Fernando Pessoa e Santo Agostinho. O primeiro dizendo que “tudo vale a pena, se a alma não é pequena”, e o outro: “ame e faça o que você quiser”. Foi a conta. Acharam que eu estava dizendo que pode tudo. Tudo o quê? Sei lá o que anda pela cabeça das pessoas, mas percebi que cada um lê o que quer, e não o que está escrito. A essas pessoas pergunto eu: Será que as pessoas com alma grande e que amam farão qualquer coisa? Para mim, alma é a interioridade de onde nasce o amor, faculdade que tem um discernimento superior para decidir o que fazer a cada momento, de forma muito mais perfeita do que qualquer lei ou regra. Mas a incompreensão foi grande. Será que essas pessoas perderam a alma, nunca a tiveram, ou nunca amaram?

(…) Quando escrevi sobre o sétimo mandamento a incompreensão começou [através dos grandes meios de comunicação]. Primeiro porque eu disse que “lucro é roubo puro”. Comecei a receber cartas de empresários, reclamando que o que eu dizia era generalização, que eles agora achavam duro ir à Igreja etc. Ora, nem direta nem indiretamente pretendi criticar pessoas. Pretendi fazer uma crítica estrutural ao sistema econômico em que vivemos. Um empresário entendeu isso muito bem, e me perguntou por escrito: “Como posso ser justo dentro de um sistema injusto?” Simplesmente não pode. Dentro de um sistema injusto, o máximo que se pode ser é honesto para com o sistema, e injusto para com as pessoas. Dentro dele todos nós nos tornamos, em grau maior ou menor, conivente com a injustiça, que é exatamente o contrário do projeto de Deus.

(…) Muita gente ficou irritada quando dei aquele exemplo (real) da prostituta que protege trombadinhas da polícia e depois os abençoa. Certa pessoa ficou chateadíssima e me escreveu, sem assinar: “Pronto. Agora as prostitutas viraram professoras de moral”. Pois é. Jesus dizia que as prostitutas vão nos preceder no Reino (Mt 21,31). E tem o caso daquela adúltera que, apesar de ser pega em flagrante, estava sozinha para ser linchada, e linchamento previsto por lei. E o adúltero, cadê ele? Esse nunca foi pego. O adúltero somos todos nós, hipócritas consumados, que temos a coragem de fazer Deus assinar as injustiças que cometemos. Jesus não deixou a coisa por menos, e até hoje ele continua a rabiscar no chão, desprezando nossas farisaicas questiúnculas… (leia Jo 8,1-11).

A celeuma, porém, aumentou quando escrevi que “Deus abençoa e legitima o roubo feito pelo pobre”. Pois é. Quando o pobre tem que roubar para comer, a coisa chegou às raias do desespero, e só quem passou por isso é capaz de compreender e compadecer-se (= sofrer junto), deplorando todo esse sistema social que nega os bens da vida a quem suou por ela. São Gregório Magno dizia que “quando damos aos indigentes algo de que necessitam, estamos lhes devolvendo o que lhes pertence e não estamos lhes dando o que é nosso. Estamos antes pagando uma dívida de justiça do que realizando uma obra de misericórdia” (ML 77,87). Nossa esmola é devolução, pagamento de dívida. E São João Crisóstomo diz que “o ladrão pobre nunca furta. Só retoma o que é seu”.

(…) Acho que há coisas muito graves [por trás dessas críticas]. Primeiro as pessoas em geral não lêem o que está escrito, e sim o que lhes convém e não abala o modo de viver em que se acomodaram. Quando algo lhes incomoda, elas tentam a todo custo dar um jeito. Todos nós temos a nossa fronteira de ego: quem está dentro dela é nosso amigo, pensa e vive como nós. Os que pensam e vivem de forma diferente são inimigos e devem ficar fora da fronteira. Não é a melhor solução, mas é a mais cômoda. Também temos a questão do nosso quadro de referências. Ele é uma espécie de superestrutura, formada lentamente pela educação familiar, escolar, social e pelos meios de comunicação, todos eles refletindo a consciência coletiva de um determinado tempo e de suas condições. Quando chega um fato novo, ele imediatamente se choca com o quadro de referência, e aí vem a questão. Ou o fato novo encontra um lugar ou não. É uma questão vital, porque o quadro de referência dirige nossa vida toda, nossa visão e ação no mundo. Quando o fato novo não se encaixa no quadro, tendemos ou a rejeitar o fato ou a mudar o quadro de referência. Mudar não é fácil. É conversão.

(…) A compreensão dos mandamentos é extremamente chocante para nós que não vivemos numa sociedade igualitária. Aí eles se tornam provocadores, e acabamos descobrindo que temos medo da fraternidade, da justiça, da partilha, enfim, de sermos humanos como Deus quer, isto é, à imagem e semelhança dele próprio (Gn 1,26-27).

Acho que isso explica um pouco as reações. Mas devo dizer também que recebi muitos elogios e muito apoio. Muita gente simples não escreve nem carta e nem em jornal, mas fala. E eu descubro então que há muita gente aberta para Deus e para o seu projeto. A certeza de compreensão de milhões de pessoas me encoraja a caminhar para a frente, sem desanimar com os obstáculos. Afinal, se Deus não desiste de acreditar em nós, apesar de tudo, por que é que nós vamos desistir?

Qual seria o nome antigo de Khirbet Qeiyafa?

Quem ainda não sabe do que se trata, deve ler primeiro algum texto em português sobre o assunto.

Como: Descoberta cidade que provaria existência do reino de Davi (Terra) ou Cientistas encontram registro ‘mais antigo de escrita hebraica’ (BBC Brasil) ou ainda Arqueólogo diz ter encontrado o mais antigo texto hebraico (Estadão) e depois ver cuidadosamente o que dizem os biblistas em seus blogs sobre mais este controvertido achado.

O Journal of Hebrew Scriptures publicou recentemente o seguinte artigo em seu volume 8, 2008: Nadav Na’aman, In Search of the Ancient Name of Khirbet Qeiyafa.


Abstract
This article discusses the identity of the recently excavated stronghold of Khirbet Qeiyafa, a tenth century BCE site located near the Valley of Elah, in the area where the story of the battle between David and Goliath takes place. There is also the story of a battle between Elhanan the Bethlehemite and Goliath of Gath that takes place at Gob (2 Sam 21:19). In light of a comparison of the two episodes I suggest identifying Khirbet Qeiyafa with biblical Gob. A close reading of the four anecdotes related in 2 Sam 21:15-22 clarifies the message of the early biblical tradition of four battles fought between Israelite and Philistine elite warriors that culminated in the advance of the Israelite troops to the gates of Philistine Gath.

O debate sobre a Inscrição de Joás continua

Em 2003 foi apresentada à imprensa uma inscrição em pedra, de proveniência desconhecida, reproduzindo um trecho de 2Reis 12, onde o rei Joás, do século IX a.C., fala da reforma do Templo de Jerusalém.

Naquela ocasião a Inscrição de Joás monopolizou o debate de especialistas, especialmente israelenses. Nas listas de discussão, não se falava de outra coisa: é falsa, é autêntica, há um trecho em hebraico moderno na inscrição, não há… Mas o que predominou foi o ceticismo! Veja aqui.

Mas recentemente, um grupo de especialistas está defendendo a autenticidade da Inscrição de Joás, baseado em dados das geociências.

Veja em The Bible and Interpretation, o artigo Archaeometric evidence for the authenticity of the Jehoash Inscription Tablet.

Conversazioni notturne a Gerusalemme

Saiu o livro de Carlo Martini em italiano: Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede. Milano: Mondadori, 2008, 124 p. – ISBN 9788804583912.

Leia Mais:
O testamento de Martini
Livro de Martini em espanhol e italiano
Per una Chiesa audace
Dio non è cattolico, parola di cardinale
Top 20 Italia: I libri più venduti – Classifica della settimana dal 27 Ottobre al 2 Novembre 2008