As revistas científicas e o sequestro do conhecimento

O custo do conhecimento: o apelo por publicações científicas grátis

Notícias: IHU – 04/05/2012

A guerra dos cientistas contra as revistas científicas e as suas ávidas assinaturas também recrutou a Wikipédia. O governo britânico pediu que o fundador da enciclopédia na web, Jimmy Wales, publique gratuitamente todos os artigos científicos obtidos com o dinheiro dos contribuintes ingleses. Essa é a última ofensiva da campanha batizada de “Primavera da Academia”, que teve início em janeiro pelo blog do matemático de Cambridge Timothy Gowers. Desde então, 11 mil cientistas de todo o mundo aderiram ao apelo de boicotar a editora Elsevier, a maior do setor, que recebe gratuitamente os artigos dos cientistas para, depois, impor às suas revistas assinaturas que variam de 20 a 40 mil dólares. Os cientistas da Primavera da Academia, através do blog thecostofknowledge.com, se comprometem a não fornecer artigos, consultoria nem trabalho editorial à Elsevier, acusada em 2011 de ter acumulado lucros de 2,1 bilhões de dólares (com uma margem de 36% sobre as receitas), sobre os ombros da ciência financiada pelo dinheiro público. Além de cientistas individuais, também se uniram ao boicote o Wellcome Trust, de Londres, e a Universidade de Harvard. Mark Walport, presidente do Wellcome Trust (o maior financiador de pesquisas médicas do mundo, depois da Fundação Gates), anunciou o lançamento de uma nova revista online completamente gratuita: eLife. Já a Harvard convidou a sua equipe a publicar todas as pesquisas gratuitamente no site da universidade. A gigante de Boston gasta 3,75 milhões de dólares por ano apenas em revistas científicas. “Seguir em frente assim não é possível”, escreveu o governo da faculdade em seu apelo aos pesquisadores. O negócio da editoração científica chega a 10 bilhões de dólares, com 25 mil revistas especializadas e 1,5 milhões de artigos por ano. Dos quais apenas 20%, antes da Primavera da Academia, podia ser lido sem pagar.

Riviste di scienza, costi super gli scienziati: “Boicottiamole”

Elena Dusi: La Reppublica – 04/05/2012

“L’hanno chiamata ‘la Primavera dell’Accademia’: gli 11mila scienziati che vi hanno aderito non pubblicheranno più i loro articoli su riviste a pagamento. Alla loro iniziativa si affianca oggi Wikipedia, che su richiesta del governo britannico si è impegnata a ospitare gratuitamente gli studi realizzati con i soldi dei contribuenti. ‘In un mondo che cambia, c’è bisogno di cambiare il modello economico delle pubblicazioni scientifiche’ ha scritto sul Guardian il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales.

Nel mirino c’è un settore che si arricchisce sempre di più mentre gli atenei affondano nei debiti: quello dell’editoria delle riviste scientifiche, che con i suoi 25mila titoli e un milione e mezzo di articoli all’anno (di cui solo il 20% accessibile senza pagare) muove un giro d’affari di 10 miliardi di dollari. Un abbonamento annuale a Tetrahedron, giornale specializzato in chimica organica, costa ad esempio 20mila dollari (l’equivalente di una borsa di dottorato). Altre riviste arrivano a 40 mila. Il più grande (e odiato) fra gli editori scientifici – la Elsevier di Amsterdam, 2mila giornali scientifici pubblicati con il suo marchio – ha attraversato la crisi con un ricavo di 3,4 miliardi di dollari nel 2011 e un margine di profitto impensabile in quasi ogni altro campo dell’economia: 36%.

‘Se decidi di non appoggiare più Elsevier e i suoi giornali, aggiungi il tuo nome’: l’appello partito il 21 gennaio dal blog del matematico di Cambridge Timothy Gowers si è ingigantito di giorno in giorno, arrivando oggi a 11.000 firme. Gli scienziati che aderiscono (molti gli italiani) si impegnano a non inviare più i loro articoli alle riviste e a non partecipare alla valutazione dei lavori dei colleghi. Al boicottaggio (che continua a raccogliere adesioni sul sito thecostofknowledge.com) si sono uniti due pesi massimi della scienza mondiale come il Wellcome Trust britannico (il più grande finanziatore di ricerca medica dopo la fondazione Gates) e l’università di Harvard negli Usa (la seconda istituzione non a scopo di lucro più ricca del mondo).

Non solo il Wellcome Trust ha invitato i ricercatori a pubblicare i loro studi esclusivamente su riviste senza abbonamento. Il suo presidente Mark Walport ha anche dichiarato al Guardian che la fondazione sta per lanciare la rivista scientifica online gratuita ‘eLife’, capace di fare concorrenza ai giganti (a pagamento) Nature e Science. Harvard da parte sua ha pubblicato sul sito una lettera rivolta ai ricercatori di tutte le facoltà, invitandoli a condividere online i loro studi con tutti i colleghi del mondo.

Il meccanismo perverso sotto accusa prevede che i ricercatori spendano soldi per svolgere i loro studi. Una volta completata, la ricerca viene inviata gratuitamente a una rivista scientifica, nella speranza di una pubblicazione che porterebbe prestigio e visibilità. La rivista chiede a quel punto una valutazione (sempre gratuita) ai maggiori esperti della materia ed eventualmente inserisce lo studio fra le sue pagine. Il giornale messo insieme col lavoro dei ricercatori viene alla fine venduto per decine di migliaia di euro alle biblioteche delle università, incluse quelle che con i propri scienziati avevano fornito gli articoli. Non è difficile capire come mai, in tempi di diffusione sempre meno cartacea, i margini di profitto di Elsevier e degli altri quasi-monopolisti del settore (Springer e Wiley) siano lievitati in maniera sproporzionata. Il tutto in un periodo in cui i tagli ai finanziamenti rendono ardua la sopravvivenza delle università.

Harvard, che spende ogni anno 3,75 milioni di dollari in riviste scientifiche (libri esclusi) ha scritto nella sua durissima lettera che ‘la situazione è diventata insostenibile’. Il messaggio, rivolto al suo staff al completo, è un atto d’accusa senza ombra di diplomazia: ‘I prezzi degli articoli online di due grandi case editrici sono aumentati del 145% negli ultimi 6 anni. La situazione è esacerbata dagli sforzi di vendere le riviste in pacchetti’. George Monbiot, giornalista del Guardian e professore alla Oxford Brookes University, ha trovato un modo amaramente ironico di descrivere la situazione: ‘Accanto agli editori scientifici, Rupert Murdoch sembra un socialista'”.

Leia Mais:
Harvard University says it can’t afford journal publishers’ prices – The Guardian: 24 April 2012

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