Francisco e Trump

Com Trump, Papa Francisco tem um problema na América – IHU On-Line: 18.02.2017

Nos últimos meses, o ataque contra o papa retomou vigor. Liderado por parte do clero dos Estados Unidos. Assim, a eleição do novo presidente está redesenhando as relações de poder na Igreja.

Bem antes de se tornar o primeiro conselheiro e estrategista-chefe de Donald Trump, Steve Bannon havia exposto a sua visão de mundo – o “sangrento conflito” necessário para preservar o Ocidente judaico-cristão, uma islamofobia que se descolore na supremacia branca, a denúncia do “capitalismo clientelista” de Washington e das finanças globais, um misto de desconfiança e admiração pela “cleptocracia” putiniana, a emergência de um tea party global, a sintonia com Marine Le Pen, Nigel, Farage e os movimentos de direita europeus – em uma videoconferência com o Vaticano.

O ano era 2014, e o então diretor do Breitbart News interveio via Skype em um congresso do Dignitatis Humanae Institute, think tank conservador cujo comitê consultivo é presidido pelo cardeal estadunidense Raymond Leo Burke, chefe da oposição curial ao Papa Francisco.

A reportagem é de Jacopo Scaramuzzi, publicada na revista Pagina 99, 11-02-2017.

Ora con Trump papa Francesco ha un problema in America – Jacopo Scaramuzzi – Pagina 99 – 13 febbraio 2017

La fronda contro il Papa ha ripreso vigore. Capeggiata da parte del clero Usa. Così l’elezione di Trump ridisegnan i rapporti di potere nella Chiesa

Ben prima di diventare il primo consigliere e stratega in capo di Donald Trump, Steve Bannon aveva esposto la sua visione del mondo – il «sanguinoso conflitto» necessario per preservare l’Occidente giudaico-cristiano, un’islamofobia che trascolora nel suprematismo bianco, la denuncia del «capitalismo clientelare» di Washington e della finanza globale, un misto di diffidenza e ammirazione per la «cleptocrazia» putiniana, l’emergere di un tea party globale, la sintonia con Marine Le Pen, Nigel Farage e i movimenti di destra europei – in video-collegamento con il Vaticano. Correva l’anno 2014 e l’allora direttore di Breitbart News intervenne via skype a un convegno dell’istituto Dignitatis Humanae, think tank conservatore il cui comitato consultivo è presieduto dal cardinale statunitense Raymond Leo Burke, capofila dell’opposizione curiale a Papa Francesco.

Jorge Mario Bergoglio e Donald Trump sono agli antipodi. Sono due politici scaltri, sanno che si dovranno parlare, forse già quando il presidente Usa verrà in Italia a maggio per il G7 di Taormina, sono consapevoli che potranno trovare terreni di incontro, come la porta che entrambi tengono aperta alla Russia e la speranza di un appeasement in Medio Oriente. Dalla personalità che Trump sceglierà come ambasciatore presso la Santa Sede (girano i nomi del falco Newt Gingrich, del rivale alle primarie repubblicane Ben Carson, di Benjamin Harnwell, «il tizio più sveglio che c’è a Roma», copyright Steve Bannon) si capirà come Trump vuole impostare i rapporti col Palazzo apostolico. Le distanze, di certo, sono enormi, se non incolmabili. E se Giovanni XXIII e Paolo VI, negli anni Sessanta, avevano un problema con l’Unione Sovietica che affrontarono con la Ostpolitik, ora, come ha scritto lo storico Massimo Faggioli, il primo Papa latinoamericano della storia ha un problema di Westpolitik.

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